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Come Parlare ai Bambini della Propria Malattia

Come Parlare ai Bambini della Propria Malattia
25 maggio 2018

Quando si è genitori, specie se di figli piccoli, e si hanno problemi di salute, l’esperienza della malattia rischia di appesantirsi di una fatica ulteriore: il decidere se e come parlare ai bambini della propria condizione. Questo è particolarmente vero nel caso della sclerosi multipla, malattia cronica che interessa il sistema nervoso centrale e che colpisce soprattutto le donne (con un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini):

La verità riguardo a una malattia non è mai semplice. Anche quando la malattia è concreta, si vede e si tocca, troppo spesso è più facile negarla e non parlarne. La verità rispetto alla sclerosi multipla è ancor più critica perché questa malattia può avere diverse manifestazioni, difficili da comprendere e spiegare; inoltre, il fatto che tante volte essa non sia evidente rende la condivisione ancora più faticosa.

Queste parole di Annarita Adduci – psicoterapeuta, mamma e donna affetta da sclerosi multipla – esprimono bene l’esigenza alla base di un importante progetto, presentato il 24 maggio scorso al Teatro Franco Parenti di Milano. Si tratta di un libro per bambini, che in realtà si propone di essere soprattutto uno strumento di relazione e dialogo, utile ai genitori per parlare ai più piccoli della patologia trasmettendo però loro emozioni positive.

Una formidabile gara di ballo – questo il titolo del volume – nasce dall’incontro tra Carthusia Edizioni, casa editrice dall’alta progettualità e specializzata in editoria per ragazzi, Annarita Adduci, e Roche, azienda biotech fondata nel 1896 fortemente impegnata nella ricerca e nell’innovazione. L’ideazione del libro ha coinvolto molte figure: attorno al grande tavolo della casa editrice, si è svolto un emozionante focus group condotto dall’editore con la presenza dello staff di Carthusia, di Annarita e il marito Alberto Verga, entrambi psicologi, e di altre tre mamme, sempre affette da sclerosi multipla, Melissa, Annalisa, Emanuela, e i loro mariti. Dai loro vissuti e dai loro racconti è nato un libro illustrato forte e commovente grazie alla storia scritta da Emanuela Nava, autrice specializzata nella narrativa per ragazzi, e alle illustrazioni di Patrizia La Porta.

Il libro racconta la storia di una madre speciale – una Gallinella – innamorata della sua coraggiosa famiglia, che decide di mettersi alla prova in una gara di ballo molto ardua per lei, anche quando un Lupo invisibile solo agli altri ma non a lei – metafora della sclerosi multipla – cerca in ogni modo di metterla in difficoltà.

La sclerosi multipla interessa 2,5-3 milioni di persone in tutto il mondo (1 su 3.000) e  di queste circa 114.000 sono in Italia. Viene diagnosticata più frequentemente alle persone giovani (tra i 20 e i 40 anni) costituendo la principale causa di disabilità non traumatica nei giovani. Si manifesta attraverso una pluralità di sintomi, i più diffusi sono: difficoltà motorie, disturbi della vista, stanchezza (anche nello svolgimento di attività usuali), dolori muscolari, disturbi della sensibilità (formicolii, intorpidimento), del linguaggio, della vescica, problemi legati alla sessualità e all’umore. Ogni persona può sperimentare sintomi diversi, variabili nel tempo e nell’impatto, che possono interferire e pregiudicare anche in modo pesante la vita quotidiana. Azioni semplici come camminare, leggere, parlare, prendere in mano un oggetto possono diventare molto complicate a causa della malattia.

Con il libro si è cercato quindi di inventare una storia in grado di aiutare i bambini a conoscere e comprendere al meglio la sclerosi multipla delle loro mamme, nell’intento di vedere il buono che sempre è possibile, come spiega la stessa Annarita Adduci:

Un giorno di qualche anno fa, dopo aver letto un opuscolo sulla sclerosi multipla, mio figlio, sconfortato e irritato, mi disse: “Parlano solo delle cose che con la sclerosi multipla non puoi fare, parlano della malattia come di un ostacolo alla felicità”. Aveva ragione. Ho pensato di dover e poter fare qualcosa. Serviva una storia che raccontasse esattamente il contrario, che spostasse i riflettori da ciò che la malattia toglie a quello che la malattia riesce comunque a dare, che aiutasse tutte le mamme con sclerosi multipla a raccontare ai propri figli l’invisibilità della malattia contro cui combattono, per insegnare loro a dare il giusto valore a tutto quello che riusciamo a fare, avere, essere, vivere “nonostante” la sua faticosa e costante presenza.

Dare senso alle cose protegge i più piccoli, li fa sentire meno in balia di eventi sconosciuti e non prevedibili. Molti studi dimostrano infatti l’effetto protettivo dal punto di vista psicologico del dire la verità a bambini e adolescenti rispetto a vari argomenti, anche quando si tratta di questioni delicate e complesse come la malattia, che sia propria, di un genitore, di un fratello o di un familiare. È ampiamente dimostrato, ad esempio, che i bambini adeguatamente informati e coinvolti sviluppano minori livelli di stress e di ansia.

Non ci sono regole e istruzioni rigide per parlare ad un bambino di sclerosi e più in generale di malattia, ma a grandi linee si possono dare indicazioni e suggerimenti, consapevoli della specificità di ogni situazione: è importante, infatti, adeguare la comunicazione all’età e a quelli che sono i bisogni del bambino, così come ai suoi modi di conoscere il mondo e condividere. Le storie  che siano favole, fiabe, racconti o romanzi – oltre ad essere particolarmente utili per i più piccoli, sono un importante facilitatore della comunicazione: possono costituire un iniziale momento di condivisione, soprattutto di tipo emotivo, da cui partire, per rompere il ghiaccio.

Non è poi un caso che il libro parli di danza. L’idea di dare nel racconto una grande importanza al ruolo dell’attività fisica – e della danza in particolare – come modo efficace di combattere la sclerosi multipla è nata dalla concreta esperienza delle mamme coinvolte nella progettazione del libro. “Non esiste un’attività fisica migliore delle altre per questa malattia, ma è importante che la persona con sclerosi multipla pratichi un’attività fisica che lo coinvolga e che lo porti a dedicarvisi sempre di più, creando un circolo virtuoso”, ha dichiarato Pietro Annovazzi, neurologo. La danza può avere un beneficio importante sull’equilibrio, sulla coordinazione, sulla resistenza, sull’umore. Soprattutto, consente di aumentare la consapevolezza della propria corporeità, il che è fondamentale per le persone affette da questa patologia.

È per questo che la conferenza stampa del volume è stata accompagnata dalla performance della ballerina Erica Brindisi, che convive con la sclerosi multipla da quasi dieci anni, come racconta lei stessa: “Grazie alla danza ho scelto di non abbandonare mai i miei sogni, la mia passione, la mia lunga formazione artistica. Ho capito che la mia sclerosi multipla non avrebbe mai potuto togliermi la capacità di essere quello che sono. La voglia di mettermi in gioco, di provare emozione e dare emozione tramite la danza è diventata ancora più forte e consapevole”.

Roche, gruppo internazionale pionieristico nella farmaceutica e nella diagnostica dedicato al progresso della scienza per migliorare la vita delle persone, ha sostenuto da subito con forza il progetto: “Crediamo molto in questo libro perché pensiamo possa essere uno strumento utile per stimolare il dialogo all’interno della famiglia, soprattutto con i più piccoli e per affrontare insieme una malattia difficile come la sclerosi multipla”, ha dichiarato Anna Maria Porrini, Direttore Medico Roche SpA.

Siamo consapevoli che la ricerca scientifica possa fare la differenza, ma altrettanto importanti sono le iniziative in favore dei pazienti e delle loro famiglie. Con questo libro vogliamo schierarci a fianco del coraggio delle persone che ogni giorno trovano la forza e la speranza per superare la malattia e di chi dà loro sostegno e fiducia

Il modo di vivere la malattia può alleggerirsi, e di molto, in un contesto familiare empatico e collaborativo. Come ribadisce Annaria Adduci: È essenziale che la condivisione rispetto alla malattia appartenga alla quotidianità, che se ne parli, con naturalezza, come di uno dei tanti altri argomenti di interesse familiare“.

 

Source: freedamedia.it

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