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Corso di formazione per gli Ecoreati

Corso di formazione per gli Ecoreati
25 novembre 2018

Parte il primo corso sugli ecoreati

Grazie alla riforma introdotta dalla legge 68 sugli ecoreati le imprese oneste possono, finalmente, tirare un bel sospiro di sollievo. Vengono messi fuori dalla porta e affrontati a muso duro coloro che inquinano l’ambiente e attentano alla salute dei cittadini, praticando una insopportabile concorrenza sleale verso chi, invece, soprattutto nel sistema delle imprese rispetta fino in fondo la legge e il territorio. Proprio per raccontare il vero significato della riforma e motivare queste imprese – soprattutto di piccole e medie dimensioni –, che sono l’ossatura economica del Paese, Legambiente e Cobat hanno immaginato un percorso di formazione specifica e continua, dove incrociare esperienze e prospettive in una logica di squadra. Avendo cura, appunto, di spiegare sin nel dettaglio le finalità e i contenuti profondi della legge 68/2015, che dopo più di vent’anni di attesa ha inserito i delitti ambientali nel nostro codice penale e modificato persino il cosiddetto Codice dell’ambiente (inserimento della Parte VI bis), dando nuovi e utili strumenti a chi ogni giorno si cimenta nel duro compito di contrastare i crimini ambientali. Sono questi gli obiettivi di fondo del corso “Imprese, Ambiente e Legalità. Gli ecoreati e i nuovi strumenti a difesa dell’ambiente e delle aziende rispettose della legge” realizzato da Legambiente insieme al consorzio Cobat che si articolerà in un ciclo di seminari formativi destinati a quattro regioni: Toscana, Veneto, Emilia Romagna e Puglia. Il primo degli appuntamenti si svolgerà domani 22 novembre a Firenze. Il progetto vedrà il coinvolgimento, in qualità di relatori, di magistrati, giuristi e autorevoli esperti da sempre in prima linea contro la criminalità ambientale. “L’intreccio tra illegalità, corruzione e mafie rappresenta un’autentica minaccia per l’economia e l’ambiente – dichiara Stefano Ciafani, presidente di Legambiente -. La legge, che ha introdotto nel codice penale i delitti ambientali ha contributo a renderci un paese normale, dove chi inquina finalmente paga per quello che ha fatto e in questi tre anni la legge ha contributo a far diminuire gli illeciti ambientali e il fatturato delle attività criminali contro l’ambiente. Per sostenere la legalità in ogni sua forma è però importante l’impegno di tutti, a cominciare dal mondo delle imprese, per promuovere un’economia sostenibile e innovativa fondata sul pieno rispetto della legalità, sui principi della solidarietà, capace di creare lavoro e contribuire alla custodia dei patrimoni del nostro Paese”. “È da trent’anni che lavoriamo assieme alle imprese italiane per trasformare quello che è percepito come un dedalo di norme in una grande opportunità. Lo facciamo offrendo a imprese e pubbliche amministrazioni un servizio di raccolta e avvio al riciclo di prodotti tecnologici in linea con i più alti standard europei – continua Giancarlo Morandi, presidente di Cobat –. Rispettare (e quindi conoscere) le leggi e l’ambiente significa innanzitutto essere un’azienda moderna, un partner affidabile attento a tutti i bisogni dei propri clienti e dei cittadini, ormai sempre più sensibili ai temi della sostenibilità e dell’economia circolare. Non devono essere solo le sanzioni a far paura alle imprese: infrangere la legge, in particolar modo quella che tutela il nostro ecosistema, significa rompere il patto di fiducia che si instaura con chi a quell’impresa si rivolge”. La necessità di questo percorso formativo nasce dal fatto di trovarsi dinnanzi a una rivoluzione epocale, che ha modificato sia il codice penale, introducendo un nuovo Titolo (VI bis) dedicato ai delitti contro l’ambiente, che il cosiddetto Codice dell’Ambiente, introducendo la Parte Sesta bis, che regolamenta le procedure di estinzione amministrativa dei reati contravvenzionali che non hanno comportato danni o pericoli di danni all’ambiente. La prima parte mostra il bastone contro gli ecocriminali veri e propri, la seconda offre la possibilità di sanare situazioni di mera irregolarità formale adempiendo alle prescrizioni comminate dall’organo accertatore (entro un determinato lasso di tempo ben stabilito) e pagando una oblazione scontata di un quarto rispetto alla sanzione massima prevista. Una manovra a tenaglia, dal penale all’amministrativo, che si è dimostrata alla prova dei fatti efficace, sin dall’inizio. Rispetto al passato, infatti, oggi i responsabili legali rischiano pene severissime (reclusione per oltre vent’anni), così come le imprese, la cui responsabilità amministrativa ex Dlgs 231/2001 si applica severamente anche per i delitti ambientali. Senza un confronto sul campo con tutti gli operatori del settore è impossibile fare un buon lavoro. Se le imprese sono, da una parte, vittime naturali dei comportamenti scorretti degli ecocriminali, dall’altro sono loro la strada obbligata per combatterli nelle loro scorribande economiche.

I risultati dell’applicazione della legge 68 iniziano ad essere evidenti, come dimostrano i dati del Rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente: dopo l’entrata in vigore (il 29 maggio del 2015), lo scorso anno è stato quello della maturità e della consacrazione definitiva della legge 68, che vede quasi raddoppiati il numero dei nuovi delitti contestati dalle forze dell’ordine, che passano da 173 a ben 303, con una impennata netta del 75%, frutto di 4.578 controlli effettuati. Il dato che più di tutti sorprende, in positivo, è il sostanziale raddoppio del numero di contestazioni per disastro ambientale (art. 452 quater), che da 13 schizzano a 24, con il corollario di 48 denunce e 7 arresti. Come gli scorsi anni, invece, il delitto più applicato è stato quello di inquinamento ambientale (art. 452 bis), ben 140 volte – sostanzialmente in linea con l’anno precedente (quando erano state 143 le contestazioni) –, con 322 persone denunciate (insieme a 19 persone giuridiche) e 9 arrestate. Vero e proprio boom, poi, di delitti colposi contro l’ambiente, ben 44, cui si aggiungono 23 casi di omessa bonifica, 7 per traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, 9 per impedimento al controllo, e infine le 71 infrazioni alla normativa che regola le responsabilità degli enti (disciplinata dal Dlgs 231 del 2001).

 

Source: lanuovaecologia.it

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