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Che cos’è il pessimismo costruttivo

3 luglio 2017

Tra i dialoghi che ho più o meno quotidianamente col mio fidanzato, c’è questo:

«Hai scritto, oggi?»
«Sì, ma poi ho cancellato tutto perché faceva schifo.»

Lui – un po’ perché ci crede, un po’ perché moralmente costretto – mi dice che sicuramente va tutto bene, sono io che esagero sempre, e a quel punto io esagero davvero, diventando un fuoco e fiamme di “tu non capisci”.
Come lui mi tolleri da così tanto tempo e non sia ancora sparito nella notte per arruolarsi nella legione straniera, è un mistero.

L’atteggiamento critico che molte persone creative assumono verso il proprio lavoro è spesso visto dagli altri come una ricerca di approvazione, un modo per essere rassicurati del fatto che quel lavoro, in realtà, va benissimo. A volte – raramente – può essere vero. Il più delle volte, però, il creativo è serissimo, e non ci sarà complimento in grado di fargli cambiare idea. In questi casi, sta entrando in gioco un meccanismo definito pessimismo costruttivo. E, come svela un video DLRSguide, si tratta di una buona cosa.

Normalmente infatti una persona tende a sentirsi soddisfatta dopo aver portato a termine un lavoro; ma questo succede raramente ai creativi. Se pensiamo per esempio alla scrittura, il mito popolare vorrebbe lo scrittore in due modi: afflitto dal fantomatico “blocco” o trascinato nell’estasi dell’ispirazione. Quella che fa scrivere cinque capitoli di un romanzo a Rory Gilmore in una notte, per intenderci – che se la ragazza un giorno di questi vuole farmi sapere che razza di droga si è presa, ne sarò felice. In realtà, sebbene entrambi questi momenti esistano, nel processo della scrittura, quello che uno scrittore fa più spesso è riscrivere…e riscrivere…e riscrivere.

Il pessimismo costruttivo fa sì che gli artisti individuino facilmente i difetti nel proprio lavoro, ma fornisce loro gli strumenti per porvi rimedio. Questo meccanismo è legato a quello del “perfezionismo alterato”, che impedisce di accontentarsi di meno (o quasi) della perfezione. Abbiamo sempre in mente un libro più bello di quello che stiamo scrivendo, un film più bello di quello che stiamo girando, una foto migliore di quella che stiamo scattando, un abito migliore di quello che stiamo confezionando. Ed è sano che sia così, perché è proprio l’idea del “poter fare di meglio”, “non ci sono ancora”, che ci sprona a migliorare e a raggiungere risultati prima impensabili.

Al contrario, sentirsi facilmente soddisfatti del proprio lavoro vuol dire adagiarsi e accontentarsi delle soluzioni comode, il che preclude in gran parte la possibilità di migliorarsi.

Il video, però, raccomanda due cose. La prima è non applicare questo pensiero a ogni aspetto della vita, perché non è necessario. Non tutto ha la stessa importanza e non tutto è il nostro lavoro, quindi facciamo un respiro profondo e accontentiamoci, di tanto in tanto. La seconda è non cadere nella tentazione di usare l’insoddisfazione come scusa per mollare, ma piuttosto di sfruttarla come segnale del fatto che stiamo lavorando su qualcosa di buono.

Le persone che sentono il prurito della propria inadeguatezza, ma continuano a lavorare duramente, sono quelle che prima o poi troveranno la magia.

Source: freedamedia.it

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