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«Così, in un deposito di cianfrusaglie, ho trovato le foto di Vivian Maier»

4 ottobre 2017

 

New York, 1954. Così, semplicemente, è intitolata la fotografia scattata da Vivian Maier, esposta fino a domenica 8 ottobre nella Loggia degli Abati di Palazzo Ducale a Genova, all’interno della mostra, promossa da Civita, dal titolo “Una fotografa ritrovata” http://www.mostravivianmaier.it

Nel 2007, mentre lavoravo a un libro sulla storia degli abitanti di Portage Park, una comunità nel Nordest di Chicago, mi sono imbattuto casualmente nell’archivio fotografico di Vivian Maier. La serie di eventi scatenata da questa scoperta ha scombussolato non solo il mondo della street photography ma anche la mia vita. Ciò che è cominciato come una sfida personale ha ben presto suscitato l’interesse del pubblico e mi ha portato negli ultimi tre anni a dedicarmi all’archiviazione e alla conservazione dell’ampia opera della Maier, rimasta sconosciuta per più di mezzo secolo.

 

Vivian Maier era profondamente interessata a tutto ciò che la circondava. Scopre la passione per la fotografia intorno al 1950 e continua a fotografare fino alla fine degli Anni ’90, lasciando un corpus di immagini che comprende più di centomila negativi. Oltre agli scatti realizza anche alcuni filmati amatoriali e registrazioni audio. Fra i suoi soggetti preferiti ci sono persone anziane appartenenti alla comunità polacca di Chicago, vecchie signore in abiti vistosi e il mondo urbano della comunità afroamericana. Si dedica anche a riprendere episodi tipici della società americana, come la demolizione di vecchi edifici che lasciano il posto a nuove costruzioni, le vite sconosciute dei poveri e degli oppressi e alcuni dei luoghi più caratteristici di Chicago.

Tuttavia, il tipo di fotografia privata realizzato dalla Maier e la mancanza di fiducia nelle proprie capacità fotografiche, consegnano all’oblio la sua collezione di immagini, ed è solo grazie a una serie di circostanze fortuite che le sue foto sono state ritrovate ini un deposito stracolmo di oggetti di tutti i tipi – libri d’arte, ritagli di giornale, filmati amatoriali, spillette elettorali e cianfrusaglie di ogni genere.

Sono particolarmente affezionato a una citazione estratta da una registrazione audio in cui Vivian esprime la sua filosofia sul senso della vita e della morte: “Dobbiamo lasciare spazio a coloro che verranno dopo di noi. È una ruota – si sale e si arriva fino alla fine, poi qualcuno prende il tuo posto e qualcun altro ancora il posto di chi lo ha preceduto e così via. Non c’è niente di nuovo sotto il sole”.

L’interesse crescente per le immagini di Vivian Maier mi ha portato a diventare il custode della sua eredità fotografica. Grazie a questo ruolo e alla grande richiesta di informazioni sul suo lavoro e sulla sua vita, ho avuto il privilegio di condividere la ribalta con alcuni dei fotografi più importanti a livello internazionale. È un’esperienza a tratti estremamente surreale che ho accettato con umiltà e dedizione.

*Scrittore e street photographer, ha scoperto i negativi (circa centomila) di Vivian Maier nel 2007 mentre preparava un libro sulla storia degli abitanti del quartiere di Chicago in cui è cresciuto. Lo racconta nel catalogo “Vivian Maier – Fotografa”(Contrasto, 2016).

Source: https://donnedellarealta.wordpress.com

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