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Essere donna costa caro: che cos’è la pink tax

1 marzo 2017

Per vivere, io spendo più del mio ragazzo. No, non mi riferisco alle spese di cui dieci minuti dopo mi pento – una giacca per la mezza stagione che non riuscirò mai a mettere, per esempio -,  ma alle spese ordinarie, a volte inevitabili.

Ho sempre avuto questa impressione, ma non mi ci sono mai soffermata fino a quando non ho letto che lo stesso problema se lo sono poste in molte, soprattutto in America e nel Regno Unito. La chiamano Pink Tax, la tassa rosa. Rosa come i prodotti targettizzati per noi donne, quasi avessimo bisogno di una guida visiva per capire cosa fa per noi. Deodoranti, rasoi per la depilazione, shampi e bagnoschiuma: secondo una ricerca svolta in Inghilterra, basta che questi prodotti abbiano una confezione “femminile” per costare il doppio rispetto alla versione “maschile”. Persino le famose penne Bic “per lei” – che abbiamo già deriso in ogni salsa, anche se la migliore a farlo è stata Ellen – costano 2,99 sterline, una in più di quelle normali.

Pazienza, provo a dirmi. Mi basta continuare a prendere i rasoi gialli e blu, tanto sono più o meno uguali, dai. Ma il parrucchiere, per esempio?

Ignorando il mio stesso desiderio di sentirmi in ordine con me stessa, vado a farmi toccare i capelli solo una volta ogni tre mesi circa, perché so che anche limitandomi al taglio, finirò in qualche modo miracoloso per spendere tra i 40 e i 60 euro. Taglio che, in termini di tempo, è equivalente a quello che il mio ragazzo paga 12 euro. Sarà perché a lui in effetti tagliano e basta, mentre io vengo bersagliata da quando mi siedo a quando me ne vado da proposte di creme, balsami, massaggi alla cute e maschere ricostituenti? Senza contare che nessun parrucchiere ti offre il taglio senza farti anche la piega. Due voci di costo diverse, ma inscindibili. Tagliatemi solo questi dannati capelli, vi prego.

Non mi avvicino nemmeno all’area dei trattamenti estetici che sono formalmente facoltativi, ma verso i quali esiste in realtà una forte pressione sociale, come depilazione, anti-rughe, anti-cellulite, pulizie del viso e via dicendo. Passiamo invece alla spesa che proprio non posso evitare.

Sto parlando degli assorbenti igienici, ovviamente. Secondo la legge italiana, gli assorbenti sono tassati con IVA al 22% perché considerati beni di lusso, quindi non indispensabili. A differenza, per esempio, dei rasoi da barba da uomo, che sono invece al 4% perché rientrano nella categoria delle agevolazioni aliquota sull’IVA come beni di prima necessità. La questione è calda un po’ in tutto il mondo e l’anno scorso anche in Italia si tentò di aprire il dibattito, quando Civati propose di considerare gli assorbenti come beni di prima necessità. Purtroppo, tutto si risolse nel solito dibattito sui social che non portò a niente.

Anche la pillola anticoncezionale, per chi la usa, è una spesa notevole, specie considerando che nel 2016 è sparita anche l’ultima mutuabile. Adesso la scelta è tra le pillole di prima e di ultima generazione, i cui costi variano rispettivamente tra i 3-5 euro e i 10-17 euro. Non una sciocchezza, specie se consideriamo che le prime – notoriamente più “pesanti” per l’organismo – vengono scelte soprattutto dalle donne in forte difficoltà economica.

Fortuna che almeno la nostra assicurazione auto costa meno, perché statisticamente siamo guidatrici meno a rischio. Ah, no, un attimo. Anche le nostre polizze auto sono state equiparate a quelle degli uomini, con un rincaro del 4%. La parità di genere è importante, giusto?

Tutto sommato, forse dovremmo rivedere il principio per cui farsi offrire la cena è maschilista. Con quello che spendo ogni giorno per vivere, una pizza dovrei poterla accettare senza farmi troppi problemi.

Source: freedamedia.it

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