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Essere Susan Sarandon

Essere Susan Sarandon
26 ottobre 2018

Se qualcuno mi chiedesse come mi immagino a 70 anni, con un ingiustificato ottimismo direi “come Susan Sarandon e poi mostrerei con sicurezza questa immagine: posa fiera, immancabili occhiali da sole e spacco importante. Questo, è lo stile di Susan.

Dopodiché, potrei citare il suo impegno politico – tra le altre cose è stata arrestata di recente (e poi rilasciata) durante una protesta contro le politiche sull’immigrazione di Donald Trump – le sue battaglie sociali, combattute seguendo il principio secondo cui “se hai successo, devi usarlo“, oppure potrei ricordare i suoi ruoli iconici al cinema, come la sua coraggiosa Louise di Thelma e Louise o la casta Janet Weiss del Rocky Horror Picture Show. Tutto questo per dire che, in ogni veste in cui l’abbiamo conosciuta, questa grandissima attrice newyorkese (impropriamente definita come la “rompiscatole” di Hollywood) ha cercato sempre di seguire la sua autenticità , anche ora che ha superato i 70 anni:

Penso di avere ancora tante cose da imparare e sono mossa dalla curiosità: quando comincerò ad annoiarmi, cercherò qualche altra cosa da fare.

Natalie Portman l’ha definita come una donna che riesce a essere “forte, senza far sentire debole chi è attorno lei ” una definizione che racchiude lo spirito combattivo e allo stesso tempo gentile dell’attrice. Bella, glamour e intelligente (tutto quello che vorrei essere a 70 anni ma anche adesso) Susan è una dea del red carpet, un’attivista politica e un’interprete carismatica, che ha rappresentato un modello di donna indipendente sia fuori che dentro lo schermo.

Nata a New York il 4 ottobre del 1946 come Susan Abigail Tomalin, la futura attrice è la prima di otto fratelli – quattro maschi e quattro femmine. Cresciuta in un ambiente piuttosto cattolico, Susan è un’adolescente ribelle e anticonformista, che convince i suoi genitori a iscriverla a una scuola pubblica per poter avere un’istruzione più liberale. Diventa cheerleader, frequenta lezioni di teatro e si appassiona di politica. All’università però, si trasferisce a Washington a casa dei nonni (non avendo alternative per mancanza di soldi) e deve scegliere nuovamente un insegnamento di stampo cattolico, optando per la Catholic University of America.

Questo non impedisce alla giovane di partecipare attivamente ai gruppi politici che si stanno formando nei campus e di partecipare alle numerose manifestazioni contro la guerra in Vietnam e a favore dei diritti civili. Parallelamente al suo impegno politico, riprende a frequentare lezioni di recitazione dove incontra il suo futuro primo marito (del quale manterrà il nome anche dopo il divorzio), il ventiquattrenne Chris Sarandon, che sposa nel 1967 in un teatro della città. L’anno successivo, Susan si laurea e assieme a Chris si trasferisce a New York per tentare la carriera d’attrice. Nel 1970 vanno a fare un’audizione insieme per un film e li prendono entrambi: Susan non sa che quello sarà soltanto l’inizio della sua strepitosa carriera.

La guerra del cittadino Joe è un piccolo film in cui interpreta una giovane ribelle e con il successo che ottiene, Susan accede finalmente al mondo delle pubblicità, delle serie tv e di Broadway. Ma la svolta arriva nel 1974, quando Billy Wilder la sceglie per il remake di Prima pagina; da allora la carriera decolla, grazie al ruolo al fianco di Robert Redford ne Il temerario e il celebre personaggio di Janet Weiss nel musical irriverente e irresistibile The Rocky Horror Picture Show, che diventa presto un vero cult.

Dopo le riprese del musical, Susan attraversa un periodo particolarmente difficile, che culmina con il divorzio da Chris: dopo un’adolescenza vissuta nel rigore, un matrimonio immediato e una carriera già avviata, la giovane trentenne sente il bisogno di vivere la sua libertà e inizia così un nuovo capitolo della sua vita. Per la prima volta si ritrova da sola a prendere decisioni soltanto per sé: segue il suo istinto che la porta verso ruoli complessi, in film che però non diventano grandi successi di pubblico, fino all’incontro con Louis Malle, che le offre il ruolo di protagonista in Pretty Baby – film che racconta la storia di due prostitute, madre e figlia (impersonate rispettivamente da Susan e dall’allora dodicenne Brooke Shields). La pellicola esce nel 1978 e causa non poche controversie, scandalizzando gli spettatori statunitensi. Susan diventa così il nuovo volto dell’erotismo del suo tempo.

Regista e attrice dopo qualche tempo si innamorano e iniziano una prolifica collaborazione lavorativa che culmina con il film Atlantic City, USA grazie a cui Susan ottiene la prima nomination agli Oscar. Ma di nuovo, compie scelte di carriera insolite, che la portano lontano dal circuito mainstream e più vicino al teatro (e ai viaggi in Africa con le numerose associazioni no profit che sostiene). Assicurandosi di stare sempre con i piedi nel mondo reale, Susan si prende del tempo lontano dai riflettori, riprendendo in mano la sua carriera cinematografica a 38 anni, consapevole di essere in competizione con uno nutrito stuolo di attrici più giovani. Decide così di scegliere produzioni all’estero e mentre gira The Hunger (al fianco di David Bowie) deve affrontare la diagnosi di una grave endometriosi, per cui le viene detto che non può avere figli. Ci si può immaginare la sorpresa, quando qualche tempo dopo scopre di essere incinta del ragazzo che stava frequentando al tempo, l’assistente alla regia Franco Amurri: nel 1985 nasce così la sua primogenita Eva.

Il primo ruolo che ottiene dopo la maternità è nel terzetto al femminile de Le Streghe di Eastwick – al fianco di Cher, Michelle Pfeiffer e Jack Nicholson – e, ormai raggiunti i 40 anni, deve lottare per ottenere il ruolo della seducente Annie in Bull Durham – Un gioco a tre mani. All’audizione si presenta con un attualissimo abito a righe, decisa a non farsi scartare per via dell’età: se a quarant’anni una donna a Hollywood era praticamente finita, con Susan le cose cambiano. È bella, forte e sicura di sé – e infatti, ottiene in ruolo. Inoltre, sul set nasce l’intesa con l’attore ventinovenne Tim Robbins, che prosegue anche fuori dallo schermo: i due non si sposano ma si trasferiscono assieme a New York con la figlia di Susan, Eva, e danno così avvio alla loro famiglia.

Susan rimane presto incinta e continua non solo con la sua carriera cinematografica, ma anche con il suo impegno nel sociale, decidendo di parlare – a gravidanza avanzata – a favore dell’aborto e della libera scelta che devono avere le donne.

Nel 1989 nasce il figlio Jack Henry e continua a girare film di discreto successo, preferendo comunque, dedicarsi alla famiglia per alcuni periodi. È nel 1990 che torna al ribalta con una sceneggiatura che avrebbe segnato una generazione di donne: Thelma e Louise.

Le due attrici incarnano un’amicizia senza età, in grado parlare alle donne (e non solo) di tutte le generazioni e mostrando loro un futuro da riconquistare, un’esistenza da stravolgere (e di cui sentirsi finalmente padrone). Se il film cambia la percezione dei personaggi femminili sul grande schermo, il ruolo della quarantenne volitiva Louise rilancia Susan nell’Olimpo delle star hollywoodiane.

Dimostrando di essere capace di calarsi nei ruoli più diversi grazie alla sua intelligenza e alla sua intensità, l’attrice ribalta la convinzione che le interpreti sopra i 40 anni non hanno più storie interessanti da raccontare e convince pubblico e critica con le sue performance (in film come L’olio di Lorenzo). Inoltre, nel 1992 dà alla luce il terzo figlio Miles, motivo per cui abbandona di nuovo i set per qualche tempo. In quel periodo, assieme al compagno Tim Robbins, formano forse una delle coppie hollywoodiane più influenti e impegnate politicamente degli anni ’90, prendendo apertamente posizione contro la Guerra del Golfo. Hanno anche problemi alla cerimonia degli Oscar, quando prima di presentare i candidati al premio per il miglior montaggio, portano l’attenzione sulle scelte del governo di non ammettere negli Stati Uniti alcuni immigrati malati di AIDS.

Per un anno la coppia non verrà invitata ad alcuni eventi dell’industria cinematografica (Oscar successivi compresi), ma per molti, il loro gesto è servito a lanciare un forte messaggio. E tutti questi aspetti fondamentali della vita di Susan – l’impegno politico, la famiglia e la passione per il cinema – si uniranno nella realizzazione di Dead Man WalkingCondannato a morte. Il film, scritto e diretto da Tim, affronta il tema della pena di morte attraverso il rapporto tra la suora Helen Prejean/Susan e il condannato Matthew Poncelet/Sean Penn. Per questo film coraggioso, Susan vince il meritato Oscar, che dice di doverlo condividere con il marito – aggiungendo poi “meno male che viviamo insieme“. Come fare a non amarla?

Negli anni 2000, la si vede in diversi personaggi, sempre fuori dagli schemi, mettendosi alla prova in ruoli per lei insoliti – come la matrigna nel film Enchanted. Nel 2009 si rimette in gioco anche a teatro e pur avendo superato i 60 anni, non dà segno di rallentare il ritmo di produzioni in cui è coinvolta. Sceglie però, assieme a Tim, di separarsi, senza annunciarlo per lungo tempo alla stampa.

Pronta per nuovi inizi, in tempi recenti si è ributtata nel lavoro con l’intenzione di stare sulla scena ancora a lungo. Come ha scritto nel tweet dopo il suo recente rilascio “Sono stata arrestata. Resto forte. Continuo a lottare”. Ha sempre vissuto come si sentiva di fare e si può scommettere che continuerà a farlo.

Source: freedamedia.it

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