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L’insegnamento delle tre sagge scimmie del santuario di Toshogu

L’insegnamento delle tre sagge scimmie del santuario di Toshogu
20 luglio 2017

L’insegnamento che ci dà la scultura di legno delle tre sagge scimmie del santuario di Toshogu continua a ispirarci ancora oggi. Il suo messaggio originale era semplice e molto diretto: “Non ascoltare ciò che ti porta sulla cattiva strada, non vedere le cattive azioni come una cosa naturale e non parlare male senza motivo”.

Curiosamente, con il tempo la nostra visione occidentale ha semplificato un po’ il suo insegnamento originale, e ci è rimasto soltanto il classico: “Non vedo, non sento, non parlo”. Un messaggio così diffuso che oggi si trova persino nelle emoticon di Whatsapp e che, in un modo o nell’altro, in realtà distorce abbastanza l’idea originale dietro le figure rappresentate.

Il messaggio di queste figure è molto più profondo e complesso. Si tratta di una rappresentazione del XVI secolo, scolpita in onore dello shōgun Tokugawa Ieyasum e che affonda le sue radici negli insegnamenti di Confucio. Per molti, inoltre, il messaggio delle tre scimmie ha una stretta relazione anche con i tre filtri di Socrate.

Qualunque sia la verità, è sempre fonte di arricchimento meditare su queste iconografie classiche e sui saggi messaggi da cui sono nate, per riflettere e approfondire le nostre conoscenze. Le tre sagge scimmie di Togoshu nascono da un codice morale e da un misticismo che ancora oggi continua ad affascinarci e che vorremmo condividere con voi.

Cosa ci racconta la leggenda delle tre sagge scimmie?

La leggenda delle tre scimmie affonda le sue radici nella mitologia cinese, da cui nasce questa curiosa storia che ha per protagonisti tre interessanti personaggi: Kikazaru, la scimmia che non sente; Iwazaru, la scimmia che non parla; Mizaru, la scimmia che non vede.

Queste tre singolari creature furono inviate dagli dei come osservatrici e messaggere. Dovevano essere testimoni del comportamento e delle cattive azioni dell’umanità, per poi riferirle alle divinità. Questi messaggeri divini, però, erano vittime di un incantesimo che conferiva loro due virtù e un difetto:

  • Kikazaru, la scimmia sorda, era colei che osservava chiunque commettesse delle cattive azioni, per poi comunicarle a voce alla scimmia cieca;
  • Mizaru, la scimmia cieca, riferiva i messaggi della scimmia sorda alla scimmia muta;
  • Iwazaru, la scimmia muta, riceveva i messaggi della scimmia cieca e controllava che la pena divina imposta agli umani venisse rispettata, visto che era lei stessa a decidere quale castigo dovessero ricevere.

Questa storia vuole insegnare prima di tutto che dobbiamo sempre mantenerci puri di spirito, evitando di ascoltare ciò che ci porta ad agire in modo cattivo, evitando di parlare senza motivo e di vedere le cattive azioni come una cosa naturale.

I tre filtri di Socrate

Esiste poi un interessante parallelismo tra questa leggenda e una storia che ci ha lasciato lo stesso Socrate, in cui il filosofo racconta di come un suo allievo fosse entrato un mattino a casa sua, ansioso di raccontargli ciò che aveva sentito dire. Dinanzi all’impazienza del giovane, il saggio ateniese gli spiegò che prima di rivelargli quella notizia, doveva rispondere a tre domande:

  • Ciò che mi vuoi raccontare è VERO? Hai delle prove?
  • Ciò che mi vuoi raccontare è almeno BUONO?
  • Infine, ciò che mi vuoi raccontare, è davvero utile o NECESSARIO?

Come vedete, questi tre filtri hanno molto a che vedere con i profili che rappresentano le tre scimmie del tempio di Toshogu. Analizziamolo più nel dettaglio.

La scimmia che si tappa le orecchie: Kikazaru

Oltre ad essere saggia, Kikazaru è prudente. È la scimmia sulla sinistra e che decide di tapparsi le orecchie per evitare di ascoltare certe cose, semplicemente perché vuole preservare il suo equilibrio.

Non si tratta di evitare di venire a conoscenza dei fatti o della verità. Non è un atteggiamento codardo né disfattista, identifica chi decide di mettere da parte le informazioni che non gli sono utili e che rischiano solo di fargli del male, così da proteggere la propria integrità.

La scimmia che si tappa la bocca: Iwazaru

Iwazaru è la scimmietta del centro, che rappresenta la necessità di non trasmettere il male, di non lasciarsi tentare dai pettegolezzi e, prima di tutto, di essere molto cauti prima di diffondere una storia che, proprio come ci ricorda Socrate, potrebbe non essere vera né buona, tanto meno utile.

La scimmia che si tappa gli occhi: Mizaru

Da un punto di vista socratico, Mizaru, la scimmia cieca, rappresenta un chiaro invito a chiudere gli occhi di fronte a ciò che non è utile, buono o vero.

Anche in questo caso, non si tratta di una scelta passiva né codarda. Non si tratta di voltare la faccia, di non denunciare il male né il malvagio (ricordiamo che, nella leggenda, sono proprio le scimmie a decidere i castighi divini). Si tratta, al contrario, di avere lo sguardo saggio di chi sa distinguere il bene dal male, di chi punisce la perversione per tenersi stretta la luce, la nobiltà d’animo e tutto ciò che lo rende una persona migliore.

In conclusione, come potete vedere, sia nella leggenda originale che nei filtri di Socrate si può scorgere un insegnamento primigenio che è riuscito a sopravvivere al passare dei secoli e che, anche oggi, continua ad essere più utile che mai: dobbiamo essere prudenti quando parliamo, saggi quando ascoltiamo e abili quando dobbiamo decidere dove posare il nostro sguardo.

Questi tre meccanismi ci aiuteranno senz’altro a preservare il nostro equilibrio interiore e la nostra felicità.

Source: lamenteemeravigliosa.it

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