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Perché accettarsi non significa rassegnarsi

25 luglio 2017

Mi aveva molto colpito un video dove Jordyn Woods e altre plus size model famose dove raccontavano il rapporto che il pubblico ha con loro. Tra i vari ridicoli commenti, da “come sei fortunata, ti pagano per mangiare” a “sei così coraggiosa”, quello che mi ha colpita di più è quando Jordyn racconta che quando posta foto dei suoi allenamenti le persone le scrivono “Perché ti alleni se ami il tuo corpo così com’è? Ma che domanda è? Proprio perché AMO il mio corpo mi ALLENO.”

È una frase che mi ha fatto molto riflettere perché a volte diventa complicato parlare di cosa significa accettarsi e del vero significato del movimento body positive.

La definizione di body positive potrebbe essere la seguente: accetta il tuo corpo e cerca di far sentire gli altri a proprio agio con il loro.
È un movimento che nasce dallo stigma culturale per cui i corpi non sono considerati tutti uguali, perché quando le diversità non vengono rappresentate significa che stiamo dicendo che quei corpi non valgono quanto quelli che vediamo in televisione, al cinema o nelle riviste. Il movimento body positive ha permesso a orde di ragazze di guardare la plus size Ashley Graham, la maestra di yoga Jessamyn Stanley, la modella trans Hari Nef e altre importanti donne e sentirsi non solo rappresentate, ma di essere importanti perché importanti sono i magazine o le vetrine dove le hanno viste.

Ebbene sì, il movimento body positive è anche legato a slogan come “Ama il tuo corpo!”

Dramma. Partiamo dal presupposto che amare il proprio corpo ogni giorno e al 100% è impossibile. Ci sono mattine dove lo specchio riflette l’immagine di una creatura mostruosa, praticamente un demone della tradizione giapponese, e riluttante capisci che quello che stai guardando dovrebbe essere il momento in cui sei più bella, sgonfia e più fresca. Non apri nemmeno bocca e nella mente risuona “se sono così ora pensa stasera che fiore di loto”. Esistono altre mattine dove quello che vedi ti piace, ti fai l’occhiolino da sola mentre ti trucchi, indossi il tuo vestito migliore e vai incontro a una giornata ordinaria con un’attitude straordinaria.

Benissimo, benvenuti nella vita di una donna.
Se non di tutte, almeno di alcune.
Se non di alcune, almeno nella mia.

Cosa succede in questo limbo infernale di sentimenti? Ci sono io che mi accetto. Quando parliamo di accettare se stessi non parliamo di rassegnazione. Non posso dire al mondo di amare il mio corpo al 100%, ma quando dico che mi accetto come sono non sono guidata dalla rassegnazione, piuttosto dalla lettura della cosa che ho davanti: una testa tonda con dei capelli ricci, un corpo che ha le sue forme e che con il tempo ho capito come valorizzare, una determinata statura. Mi conosco e ogni giorno imparo a conoscermi meglio, so da dove arrivano i miei capelli, so da chi ho ereditato lo strabismo di venere e riconosco le curve dei miei fianchi. Quello che il movimento body positive ci vuole insegnare non è la rassegnazione, ma forse più la comprensione di cosa vediamo in quello specchio. Ovvero, qualunque sarà il mood con cui mi sarò alzata, quello che vedrò sarò sempre io. Per esempio: quando non mi piaccio ho i fianchi larghi, quando mi piaccio ho comunque i fianchi larghi, non si sono magicamente trasformati nella notte, sono sempre lì.

Accettarsi è un percorso di comprensione di se stessi, ma non è di certo l’ultima stazione del viaggio. Se è vero che crescendo si diventa più sicuri, ci si conosce meglio, si inizia a decretare una mappa del proprio stile personale, è anche vero che da questa conoscenza deriva una grande responsabilità, vediamo in maniera più limpida le nostre potenzialità e ci viene voglia di sfidarle. Io ho il diritto di amare il mio corpo, perché non ha nulla di sbagliato, ma ho anche il diritto di impegnarmi per cambiare qualcosa che non mi piace, ho il diritto di pensare che potrò fare sempre di più e che – come dicevamo in un altro articolo – non c’è un’età per smettere di migliorare e di raggiungere il proprio obiettivo.

Personalmente il mio obiettivo non è diventare un’altra persona, ma dialogare meglio con il mio corpo. Ci conosciamo da tanto, ma solo negli ultimi anni ho iniziato a pensare seriamente a lui, quindi ora è il caso di rendere la nostra relazione ufficiale: mi voglio impegnare ad aiutarlo là dove so che è più debole, che si tratti di diminuire le dosi di sale, prendere degli integratori, fare piscina o mettere la protezione solare tutto l’anno.

Amare il tuo corpo non è sbagliato.
Cambiare non è sbagliato, non stai tradendo nessuno.
Non voler più parlare del tuo corpo non è sbagliato, sappiamo che non è tutto quello che abbiamo da offrire.

Facciamo bene a parlare di corpo e accettazione perché è da poco che si è iniziato a parlarne includendo tutte le diversità. Forse un giorno daremo per scontato questa battaglia, non avremo più bisogno del movimento body positive e smetteremo di scrivere articoli come questo. Fino ad allora, take a seat at the table come direbbe Solange e prendete parte alla discussione.

Source: freedamedia.it

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