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Save the Children, 1 bambino su 4 soffre malattie mentali

8 marzo 2017

Incubi, matrimoni forzati, uso di droghe, alcolismo, suicidi. Il bilancio delle vittime del conflitto siriano si dirama in due tronconi: quello visibile, racchiuso nel numero dei morti conteggiato ogni giorno (470.000 in sei anni), e quello ‘invisibile’, che conta tra le sue vittime soprattutto i bambini. Uno su quattro soffre conseguenze devastanti del conflitto sulla salute mentale; tre milioni non hanno visto altro che guerra sin dalla nascita, e 5,8 milioni in tutto hanno bisogno di aiuto. Su 4,9 milioni di rifugiati, inoltre, i bambini sono 2,3 milioni.
La fotografia arriva da “Ferite invisibili”, un nuovo rapporto di ‘Save the children’, l’ong internazionale che dal 1919 si dedica ai bambini in pericolo, e che per la prima volta indaga – attraverso interviste e testimonianze raccolte tra adulti e minori all’interno del Paese – l’impatto psicologico sui minori coinvolti nel conflitto siriano. Il quadro, spiega l’ong, e’ “angosciante”: due bambini su tre dicono di aver perso qualcuno che amavano, la loro casa e’ stata bombardata o sono rimasti feriti a causa del conflitto. Sono bambini, ha spiegato Valerio Neri, direttore della ong in Italia, che “sognano di morire per poter andare in Paradiso e avere cosi’ un posto dove poter mangiare e stare al caldo o che sperano di essere colpiti dai cecchini per arrivare in ospedale e magari poter scappare dalle citta’ assediate”.
“Odio gli aerei, perche’ hanno ucciso mio padre”, dice continuamente Marwan, 6 anni di eta’, di Aleppo. Marwan non e’ piu’ capace di parlare, ma sa soltanto gridare. Sono 3,7 milioni i bambini nati durante il conflitto e quelli che hanno meno di 12 anni hanno passato gia’ la meta’ della loro vita in una condizione di continuo imminente pericolo.Molti di loro soffrono di incubi notturni e hanno difficolta’ ad addormentarsi per il terrore di non svegliarsi piu’.
Sono tantissimi, quelli che smettono di parlare, che soffrono di tremendi mal di testa, difficolta’ a respirare e paralisi temporanee degli arti. Sono tantissimi, anche i bambini che soffrono di minzione involontaria e di frequente enuresi notturna (lo riferisce il 71% degli adulti) e quelli che la notte non riescono a dormire per gli incubi, la paura del buio, dei bombardamenti, della perdita della famiglia. La meta’ degli adulti intervistati denuncia che i bambini che non riescono piu’ a parlare e sono molti anche quelli che commettono atti di autolesionismo, che sfociano spesso in tentativi di suicidio.
Solo il 20% delle strutture sanitarie attualmente funzionanti offrono servizi di salute mentale di base, necessari ad aiutare questi bambini, e la richiesta di posti eccede quelli disponibili. Bambini e adolescenti si rifugiano nelle droghe, nell’alcool o compiono atti di autolesionismo. In soli due mesi nella citta’ assediata di Madaya, lo staff medico ha segnalato a Save the Children almeno 6 casi di bambini che hanno tentato il suicidio, il piu’ giovane aveva 12 anni. Il 50% degli adulti, prosegue il rapporto, denuncia che gli adolescenti fanno uso di droghe per affrontare lo stress, le violenze domestiche sono aumentate.
In violazione delle leggi internazionali sui diritti umani, molti bambini – in particolare i maschi – vengono reclutati da gruppi armati per cucinare e pulire per i soldati nei checkpoint, prima di intraprendere loro stessi la carriera militare. “La guerra e’ un business e spesso i gruppi armati sono gli unici che hanno il denaro per pagare”, spiega un ragazzino. I salari sono abbastanza alti e i bambini possono avere pasti e cibo supplementare. Piu’ della meta’ degli adulti intervistati ha dichiarato di conoscere bambini che utilizzano pistole e molte sono le testimonianze di bambini anche sotto i sette anni reclutati per combattere. Il 59% degli intervistati conosce bambini e ragazzi reclutati nei gruppi armati, alcuni anche sotto i 7 anni. La violenza si diffonde anche in casa, nelle relazioni affettive: secondo l’81% degli adulti intervistati, i bambini sono diventati piu’ aggressivi, sia nei confronti dei genitori e dei familiari che degli amici.
La fame spinge ai matrimoni precoci e forzati delle bambine siriane, un fenomeno in crescita. I genitori, non potendo curarsi di queste bambine, le obbligano a sposarsi con uomini di famiglie piu’ ricche che si possano occupare di loro, pensando di tenerle cosi’ lontane anche dal rischio di abusi e violenze sessuali. Alcune tentano il suicidio pur di evitare di finire in spose a uomini che non vogliono. “Nelle nostre strutture abbiamo ricevuto molte giovani ragazze che avevano tentato il suicidio a causa della pressione delle famiglie a sposarsi, perche’ non volevano farlo o non volevano il partner che era stato scelto per loro. Sono tantissimi anche i casi di abusi sessuali e stupri su ragazze giovanissime”, spiega una psicologa che opera nel sud della Siria.
Dall’inizio del conflitto sono piu’ di 4.000 le scuole che sono state attaccate, circa due al giorno. Cosi’, la domanda che tutti poniamo a un bambino in condizioni normali – “Cosa vuoi fare da grande?” – qui diventa surreale, perche’ impossibile. Una scuola su tre e’ danneggiata da bombe o e’ stata trasformata in rifugio per sfollati e circa 150.000 tra insegnanti e personale educativo, hanno lasciato il Paese. Le scuole che rimangono in piedi continuano ad essere obiettivi di attacchi indiscriminati e la maggior parte dei bambini e degli adolescenti non puo’ frequentarle. Il 50% dei bambini che frequentano ancora la scuola dicono di avere paura ad andarci perche’ non si sentono al sicuro e la maggior parte dice di aver perso “il senso del futuro” senza la possibilita’ di studiare. “Ci sono bambini come mio fratello che hanno dimenticato tutto quello che avevano imparato a scuola. Lui non sa piu’ fare neanche due piu’ due. Tanti non sanno riconoscere piu’ neanche le lettere dell’alfabeto. Non vado piu’ a scuola da due anni e ho paura del mio futuro. Gli anni passano e io non so cosa faro’ senza un’istruzione”, racconta Zainab, 11 anni, da un campo di sfollati interno alla Siria.
Sono 2,3 milioni i bambini che hanno abbandonato il paese in cerca di sicurezza e aiuto, fuggendo per la maggior parte nei paesi limitrofi, Turchia, Giordania, Libano e Iraq. La prima causa di stress e’ rappresentata dalle difficilissime condizioni economiche in cui si trovano le famiglie sfollate: molti adulti non riescoNO a fare lavori legali in conseguenza del loro status di rifugiati, che impedisce loro anche di accedere a scuole e strutture sanitarie e li fa vivere in una sorta di limbo. Uno studio condotto tra i rifugiati in Turchia, ad esempio, mostra come il 45% dei bambini sfollati in questo paese soffrano di disturbi traumatici da stress (un dato dieci volte piu’ alto rispetto alla media mondiale) e il 44% di loro soffre di depressione. A inseguirli, ancora, e’ la paura di quelle maledette bombe.

Source: corrierequotidiano.it/esteri

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