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La sfida per lo spazio tra Bezos e Musk

13 aprile 2017

Lo scorso 27 febbraio Elon Musk, il visionario patron di Tesla, aveva annunciato che nel 2018 la sua azienda dedicata ai viaggi spaziali, SpaceX, avrebbe mandato in orbita i primi turisti lunari.

Parte della comunità scientifica ha reagito con cauto scetticismo, ritenendo la tabella di marcia troppo stretta. Lo stesso obiettivo è nondimeno condiviso da Jeff Bezos, il numero uno di Amazon, anche lui in campo per la nuova corsa allo spazio con la sua azienda Blue Origin, nella quale il miliardario sta investendo sempre più risorse del suo colossale patrimonio. I primi test dei razzi di Blue Origin erano previsti per il 2017 ma, ha ammesso lo stesso Bezos, appare sempre più probabile che vengano spostati al 2018, spostando ulteriormente nel tempo il lancio del primo volo spaziale commerciale firmato Blue Origin, che si propone di offrire ai clienti voli orbitali di 11 minuti.

La cassaforte di Amazon

La strategia di Bezos, spiegata ai giornalisti lo scorso 5 aprile durante lo Space Symposium di Colorado Springs, prevede di versare nelle casse di Blue Origin un miliardo di dollari all’anno ricavati dalla vendita di azioni di Amazon. La quantità di liquidi versata da Bezos nell’azienda non è ancora nota. Sulla base dei documenti depositati presso la Security and Exchange Commission, l’equivalente americano della Consob, emergerebbe, riferisce Quartz, che solo nel 2016 Bezos ha venduto due milioni di azioni Amazon ricavandone oltre 1,4 miliardi di dollari.

SpaceX abbatte i costi e cambia i giochi

Non dotato dell’enorme patrimonio personale di Bezos, Musk può contare invece sul crescente sostegno degli investitori. Tutto partì con i 100 milioni di dollari di investimenti personali effettuati da Musk in sei anni utilizzando i ricavi della vendita di PayPal a eBay. Poi arrivarono i contratti con la Nasa, gli anticipi dei futuri clienti e il sostegno di giganti come Google e il fondo Fidelity Investment, che nel 2015 guidarono una cordata di investitori che versò un miliardo di dollari nelle casse della società.

SpaceX è ora valutata oltre 11,5 miliardi di dollari e ha segnato una svolta fondamentale nella storia dell’industria spaziale lo scorso marzo, annunciando il lancio del primo propulsore orbitale riutilizzabile, ovvero che torna a terra dopo il lancio. Ciò promette di abbassare notevolmente i costi operativi dell’industria. E quindi, ed è questo l’aspetto importante sottolineare, aprire il mercato anche ad aziende con mezzi limitati.

La corsa presto non sarà più a due

“Fino a poco tempo fa, un grosso collo di bottiglia per l’aviazione spaziale commerciale era la capacità di lancio”, spiega, ancora a Quartz, Scott Nolan, uno dei primi investitori a finanziare i progetti dell’azienda di Musk, “i propulsori riutilizzabili di SpaceX ridurranno i costi in maniera incredibile e aumenteranno in maniera significativa sia la capacità di lancio globale che la frequenza. Riteniamo che questa svolta darà vita a nuove aziende in diversi settori di applicazione e innescare una nuova ondata di investimenti spaziali”. “Ora si può costruire una navicella spaziale a costi economici e ciò significa che i venture capitalist possono giocare la loro parte”, spiega Deepan Karma del venture fand Canaan Partners, “le persone erano scoraggiate dalla necessità di razzi giganti”.

La possibilità di costruire propulsori riutilizzabili e di dimensioni minori appare quindi destinata a far sorgere una nuova stirpe di start-up. La corsa al turismo spaziale presto potrebbe non essere più una corsa a due.

Source: www.agi.it

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