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Soffrire in silenzio: un’abitudine molto diffusa

Soffrire in silenzio: un’abitudine molto diffusa
23 maggio 2017

Siamo in molti a farlo, ci nascondiamo nel profondo del nostro guscio privato per soffrire in silenzio, in solitudine, senza che nessuno se ne accorga. Facciamo finta di avere una resistenza stoica e fingiamo che non sia successo niente, ma dentro di noi si stanno scatenando delle battaglie senza tregua… Finché non accade, finché, ad un certo punto, non ci rompiamo.

Siamo esseri sociali ma, nonostante ciò, la maggior parte di noi sceglie di soffrire in solitario. Preferiamo condividere le risate, i momenti felici e ci afferriamo alla routine quotidiana con le persone che ci circondano perché in questo modo riusciamo ad ottenere un certo senso di controllo. Come se non stesse accadendo niente, come se niente stesse divorando le nostre viscere emotive.

“C’è bisogno di più coraggio per affrontare la sofferenza che per affrontare la morte”.

-Marlene Dietrich-

Sia gli psicologi sia gli psichiatri sanno molto bene che il trauma e il silenzio quasi sempre viaggiano insieme. Non è facile pronunciare ad alta voce ciò che ci fa male e ciò si deve a due motivi precisi: temiamo di essere giudicati ma, soprattutto, abbiamo paura di mostrare la nostra vulnerabilità. Perché in questo mondo implacabile trionfano le personalità forti, quelle che possono affrontare tutto, quelle che non si lamentano e che dimostrano efficacia, ottimismo e sicurezza in se stesse.

Senza alcun dubbio, tutto ciò scatena quella desolante sensazione che ci suggerisce che, al giorno d’oggi, nella nostra società, la sofferenza continua ad essere un motivo di vergogna. E ciò ci dimostra, ancora una volta, perché esistono tante persone che soffrono di depressione e che non ricevono cure, e perché, al giorno d’oggi, il tasso dei suicidi tra i giovani raggiunge cifre preoccupanti.

Oggi vi proponiamo di riflettere su questo argomento.

Motivi per i quali NON bisogna mai soffrire in silenzio

Non molto tempo fa sulla piattaforma digitale di un famoso giornale è stata pubblicata la lettera privata di una donna che dichiarava di non sapere più come affrontare la propria vita. Era diventata madre per la terza volta e non riusciva ad alzarsi dal letto la mattina. Per quanto possa sembrare strano, quasi l’80% dei commenti sono stati puramente dispregiativi, a volte sfiorando persino il limite della crudeltà.

Amatevi un po’ di più e soffrirete meno…

 

La depressione post-parto, o la fase durissima del puerperio, è ancora oggi un tema tabù. Se una donna soffre di questo disturbo emotivo, viene immediatamente condannata, perché ciò che ci si aspetta da lei è che stia sempre bene, che sia felice e che sia pronta. Ecco perché molte donne vivono questa esperienza in silenzio, in privato e in modo molto duro, temendo le critiche della società.

Lo stesso accade agli adolescenti, ai ragazzi e alle ragazze che vivono il bullismo sulla propria pelle, ma che lo fanno in silenzio, senza chiedere aiuto, rinchiusi nella gabbia della solitudine e nell’intimità delle loro camere da letto, l’unico luogo dove si sentono al sicuro. Non è la cosa giusta da fare, è necessario e quasi obbligatorio reagire prima che sia troppo tardi, prima che la volontà personale svanisca del tutto e che la nostra realtà diventi un mero scarabocchio senza senso.

6 motivi per smettere di soffrire in silenzio che parlano da sé

Il primo motivo per il quale dovremmo smettere di soffrire in silenzio è semplice ed evidente: la sofferenza dura più a lungo. Quando decidiamo di non fare niente e non chiediamo aiuto, il dolore diventa ancora più intenso. È come un’ombra lunga e asfissiante che inghiottisce tutto ciò che incontra.

-I sintomi diventano ancora più persistenti, smettiamo di essere delle persone e ci trasformiamo in un riflesso del dolore, con una sintomatologia molto più intensa e più complessa.

-I pensieri negativi diventano più intensi. Restiamo intrappolati nel nostro carcere personale.

-Arriva un momento in cui il contatto sociale ci mette a disagio e finiamo persino per rifiutarlo. Gli abbracci, le carezze emotive e le parole gentili perdono il loro significato originale. Ai nostri occhi, appaiono ormai diffidenti e le interpretiamo come delle minacce.

-Posticipare la necessità di chiedere aiuto renderà la cura che ne seguirà molto più complessa.

Noi stessi diffondiamo lo stereotipo. Non fare niente, rifiutarci di chiedere l’aiuto di un professionista o di condividere con una persona di fiducia ciò che ci sta accadendo accresce l’idea che i traumi e la sofferenza devono essere avvolti dal silenzio.

Infine, ma non meno importante, dobbiamo sempre ricordare che la sofferenza cambia le persone. Scolpisce ogni tratto di noi a suo piacere fino a trasformarci in individui del tutto diversi. Smetteremo, quindi, di essere fedeli a noi stessi e nessuno si merita una fine simile.

Stabilire un contatto per curare la sofferenza

La sofferenza ci isola, ma il contatto con le altre persone e con noi stessi è terapeutico e curativo. Quando condividiamo le nostre debolezze e il nostro dolore con la persona giusta o con un professionista qualificato, otteniamo due benefici. Il primo è smettere di auto-sabotarci. Nessuno sceglie di soffrire di depressione post-parto. Nessuno si merita di essere vittima di bullismo, né schiavo di un passato traumatico o di un infanzia perduta. Nessuno si merita nemmeno di ignorare se stesso fino a smettere di amarsi.

“Quando soffrite, costringetevi a ricordare un momento felice. Basta una sola lucina per mettere fine all’oscurità”

-Alejandro Jodorowsky-

Il secondo beneficio che otterremo è la giusta catarsi emotiva. Sono molte le persone che arrivano dallo psicologo avvolte dall’armatura dell’ira che, in realtà, serve solo a nascondere la persona fragile che si trova al suo interno. Giorno dopo giorno, favoriremo la riconciliazione e la giusta relazione con l’ambiente che ci circonda, così da sciogliere le catene della sofferenza.

Si tratta di un processo lento e laborioso, non ci sono dubbi, ma tutti se lo meritano: smettere di soffrire in silenzio e poter contare su qualcuno che ci capisca e che ci aiuti. Rifletteteci, uscite dal guscio di quella solitudine che non avete scelto e permettetevi di nuovo di essere voi stessi senza avere timore.

Source: lamenteemeravigliosa.it

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