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Viaggiare da sole, tra miti e paranoie

1 marzo 2017

Mi sono sempre chiesta quante delle milioni di donne in tutto il mondo che hanno letto Mangia, prega, ama siano poi effettivamente partite per un viaggio solitario come quello della protagonista. Poche, temo.

Viaggiare da soli è già una rogna, figuriamoci per una donna. Non per ragioni emotive, sia chiaro: a noi donne mettono così tanta pressione (e ce la mettiamo da sole) che è ovvio che spesso ci giri di mollare tutto e andare a Bali. Peccato che sia pure ostico. Tutte quelle storie di giovani maschi di belle speranze che partono solo con uno zaino e dormono nelle stazioni se necessario, be’, una donna magari ci pensa due volte, tre, quattro. Già aspettare, in stazione, può essere complesso, grazie a sconosciuti più o meno inquietanti che ti seccano. Quanto sia seria la cosa lo dimostra il fatto che le guide Lonely Planet dedichino un paragrafo apposta ai consigli (o alle raccomandazioni?) per donne che viaggiano sole. Insomma, non è così semplice. Neanche impossibile, però, e sarebbe stupido precludersi certe esperienze per paura. Ma che devo dirvi, sono mezza paranoica. Va bene, più che mezza. Ho amiche straordinarie, che invidio moltissimo, molto più intraprendenti e spericolate di me. Il genere di amica che ti dice “che problema c’è, se uno mi assale gli do un calcio nelle palle”. PAZZA!, penso io, ma non lo dico perché mi piace che pensi così. Magari lei ci andrà davvero, a Bali.

Un po’ di incoscienza ci vuole. Giusto una punta. Vivere sempre in tensione non va bene, e alla lunga diventa una scusa per fare le cose. Per intenderci: va bene essere prudenti, ma neanche non usare i bagni dei treni perché c’era quel serial killer nel ’97, come faccio io. E poi ci sono pericoli più concreti nei bagni dei treni, tipo l’ebola. (Realizzo solo adesso che forse qualche giovane paranoica come me non sapeva del serial killer. Scusa se ti ho appena rovinato i treni per sempre.)

Al netto di quest’ansia, ho viaggiato spesso da sola. Non so se fosse vera solitudine, però. Una volta sono andata a Tokyo sola, senza conoscere la lingua, e sono stata da dio, ma dormivo da amiche che abitavano là. Per promuovere il mio primo libro ho girato l’Italia, ed ero spesso da sola, ma di solito per due giorni, massimo tre. Era considerabile “viaggiare sola”? Non lo so, ma era nella mia misura. Forse è solo questo, il punto, nel viaggio come nel resto: trovare la misura che ci fa sentire a nostro agio, e muoverci in quella.

Ci sono donne come Cassandra de Pecol, che a 27 anni ha intrapreso un viaggio incredibile intorno al mondo (sì, il suo Instagram è oro) e potrebbe diventare la prima donna ad aver visitato tutti i 196 paesi conosciuti (rompendo, tra l’altro, il record di 3 anni e 3 mesi in velocità). E ci sono quelle come Haley Nahman, autrice di Man Repeller, che ha odiato ogni singolo minuto del suo viaggio in Europa perché si sentiva sola, non parlava capiva le lingue (è americana) e le pensioni erano sporche e rumorose.

In fondo, Mangia, prega, ama è l’autobiografia di Elizabeth Gilbert, ma Julia Roberts, mentre girava il film, aveva con sé l’intera troupe. Siamo diverse, viaggiamo diversamente. Se voi partite, mandatemi un sacco di foto. Per il momento, io mi fermo al mangia.

Source: freedamedia.it

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