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La donna che ha progettato i caschi degli astronauti

15 marzo 2017

Parliamo spesso di donne che hanno raggiunto traguardi importanti nei loro settori, ma non abbastanza di quelle che l’hanno fatto dietro le quinte. Per esempio, sappiamo che la russa Valentina Tereškova è stata la prima donna ad andare nello spazio. Ma sappiamo chi ha contribuito a creare i primi elmetti adoperati per i viaggi spaziali? Be’, sempre una donna.

Si chiamava Alice King Chatham, e in effetti di lei non si sa molto. Si sa, però, che Alice non aveva ambizioni ingegneristiche, almeno all’inizio. Era infatti innanzitutto un’artista che si dilettava soprattutto con la scultura all’istituto d’arte di Dayton, Ohio. Ma era il 1940, la maggior parte degli uomini erano al fronte, così alle industrie “toccava” affidarsi alle donne. Che sciagura, vero? In questo caso fu l’Air Force, a contattare Alice.

In quanto scultrice, Alice conosceva molto bene l’anatomia umana, e all’Air Force occorrevano nuove maschere dell’ossigeno che impedissero ai piloti di svenire quando i loro aerei raggiungevano quote particolarmente alte. Alice colse l’opportunità, ma non si limitò alle maschere. Lavorando al Centro di Ricerca e Sviluppo divenne velocemente un’esperta del settore e brevettò, nel 1946, delle tute da volo che resistevano meglio alla pressione, oltre che dei particolari tappi per le orecchie.

Alice non era una scienziata, non precisamente. Il suo compito, piuttosto, era utilizzare in modo funzionale i singoli pezzi che gli scienziati le portavano, traendone un oggetto completo e indossabile. Non un ruolo marginale, insomma, perché a cosa servirebbero gli ingranaggi di un orologio senza qualcuno che riesce a farli funzionare insieme? I suoi colleghi di laboratorio ammettevano di non sapere come ci riuscisse.

Finita la guerra, era impensabile che talento ed esperienza come i suoi venissero dimenticati. Per fortuna.

Alice continuò a lavorare a stretto contatto con gli animali utilizzati per le prove di volo. Si preoccupò di creare anche per loro degli equipaggiamenti personalizzati, che rendesse i test più semplici. In particolare realizzò il completo per le scimmie che, negli anni 50, volarono col razzo Aerobee a 55km sopra la Terra.

Anche se qualcun altro ne rivendica la paternità, pare che Alice contribuì in qualche misura anche all’elaborazione dell’elmo usato in una missione top-secret del Capitano Charles Yeager.

Dalla Air Force alla NASA, il passo fu breve.

Durante il Programma Mercury (il primo programma spaziale americano a prevedere il viaggio di un equipaggio), Alice venne incaricata di creare elmi personalizzati per ogni singolo astronauta, affinché fossero perfetti per le loro specifiche esigenze. Lei stessa ha raccontato in un’intervista che le varie prove potevano durare anche interi pomeriggi, ma riusciva lo stesso a lavorare tranquillamente con tutti, senza subire pressioni.

Per celebrare la sua morte, nel 1989, alcune delle sue opere vennero messe in mostra all’istituto d’arte di Dayton, dove aveva cominciato. Voi, quando pensate agli e alle astronaute, ricordatevi anche di lei.

Source: freedamedia.it

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