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I nuovi mezzi di comunicazione influiscono sulla qualità dei nostri rapporti personali?

Peter Drucker una volta disse una cosa molto singolare che si scontra con i nuovi mezzi di comunicazione: “Nella comunicazione la cosa più importante è ascoltare ciò che non viene detto”.

Tuttavia, come facciamo a capire quello che non viene detto se non abbiamo la possibilità di osservare direttamente il nostro interlocutore? Come possiamo intuire se il suo è un silenzio comunicativo o se semplicemente non parla perché è occupato a fare qualcosa che ha attirato la sua attenzione e interrotto il discorso?

Come sosteneva Drucker, una conversazione comprende molti gesti, movimenti ed espressioni che non “parlano”, ma dicono molto. Tuttavia, con i mezzi di comunicazione che abbiamo oggi a disposizione, come le applicazioni di messaggistica istantanea o la posta elettronica, questi dettagli si perdono. Viene da chiedersi, la qualità dei nostri rapporti personali risente di tutto ciò?

I nuovi mezzi di comunicazione

Esistono indubbiamente nuove forme di comunicazione che stanno cambiando il nostro modo di vedere il mondo. Quella che prima era una semplice conversazione tra persone o una telefonata ora è diventata una chat di gruppo su WhatsApp, un commento su Facebook o un post di 140 caratteri su Twitter. Questi sono solo alcuni esempi tra i più comuni.

Le nuove tecnologie stanno cambiando velocemente il nostro modo di comunicare. Il contatto faccia a faccia sembra sempre più obsoleto. In questo senso, anche se i nuovi mezzi garantiscono molti vantaggi, come una comunicazione più veloce e pratica, hanno anche degli aspetti negativi. Proviamo a pensarci, una conversazione su WhatsApp e una conversazione di persona sono ugualmente efficaci?

Secondo lo psicologo cognitivo David R. Olson, bisogna tenere conto di alcuni fattori. Aggiungiamo anche che la comunicazione si suddivide in tre atti: locutivo, illocutivo e perlocutivo.

L’atto locutivo si riferisce alla produzione di suoni, alle parole e al significato dell’orazione. L’atto illocutivo riguarda la forza dell’orazione e, infine, quello perlocutivo fa riferimento agli effetti o intenti dell’orazione, ad esempio l’ispirazione, l’irritazione, l’inganno o l’impressione.

Facciamo un esempio:

Mi ha detto: “Daglielo”. – Atto locutivo.

Mi ha consigliato di darlo a lei. – Atto ilocutivo.

Mi ha convinto a darlo a lei.  – Atto perlocutivo.

L’atto locutivo è la semplice azione di dire qualcosa, mentre l’atto illocutivo implica diversi usi della stessa locuzione in base a come viene intesa quando è pronunciata (ad esempio, in base al contesto, la frase “Ho freddo” può sottolineare il desiderio che l’interlocutore chiuda la finestra o che dia in prestito il suo cappotto oppure può semplicemente essere un’informazione sul proprio stato fisico, ecc.).

Quali sono le conclusioni a cui è giunto lo psicologo?

Una realtà comunicativa diversa in cui si perde l’atto illocutivo

Considerando che una conversazione non si può trasporre esattamente in scrittura e lettura, secondo Olson, l’atto illocutivo si perde con i nuovi mezzi di comunicazione, quindi si mantengono solamente l’atto locutivo e quello perlocutivo.

Vengono meno, quindi, alcuni aspetti rilevanti della comunicazione, come il tono di voce e le sue oscillazioni. Ovviamente possiamo usare segni di interpunzione che indichino esclamazione o le lettere maiuscole per “alzare la voce”, ma non è possibile interpretare l’accento o l’intonazione che potrebbero indicare nervosismo, rabbia, disappunto, ecc.

Questo deficit negli aspetti locutivi della conversazione non solo possono generare frustrazione o insicurezza nel destinatario o destinatari del messaggio, ma anche nel mittente perché può avere la sensazione che manchi qualcosa affinché l’interlocutore possa comprenderlo.

Particolarità dei nuovi mezzi di comunicazione

Un’altra particolarità di questi nuovi mezzi di comunicazione riguarda le conversazioni con gli sconosciuti. In altre parole, non possiamo capire com’è l’interlocutore non avendolo davanti, è più difficile farsi un’idea di questa persona.

Non possiamo stabilire con certezza se questo sia o meno un aspetto negativo. È semplicemente diverso. Quel che è certo è che vengono meno la vicinanza, la prossimità e l’atto illocutivo. Di fatto, questo potrebbe dare spazio a inferenze relative alle reali intenzioni dell’interlocutore.

È evidente, quindi, che la comunicazione virtuale non è necessariamente peggiore rispetto a quella tradizionale, è semplicemente diversa e adatta a scopi diversi. Inoltre, al giorno d’oggi abbiamo a disposizione apparecchi tecnologici che ci consentono di videochiamare una persona, quindi di telefonarle e di vederla al tempo stesso.

Quando due persone comunicano tramite WhatsApp, ad esempio, o con altre applicazioni di messaggistica istantanea, c’è un’altra variabile da considerare. Se queste persone si conoscono bene, una parte dell’atto illocutivo si può preservare, quindi i due interlocutori potranno interpretare in maniera piuttosto corretta i rispettivi messaggi.

In realtà, i nuovi mezzi e le nuove forme di comunicazione semplicemente offrono qualcosa in più alle conversazioni. Questo pregiudica la qualità della comunicazione? Di certo la tecnologia ci permette di mantenere conversazioni che altrimenti non potremmo avere, ma in qualche modo ne penalizza la qualità.

Infine, alcuni studi rivelano che la crescente sensazione di solitudine nella società odierna in parte dipende dall’uso di determinati mezzi di comunicazione rispetto ad altri. Dall’altra parte dello schermo possono esserci persone, ma è difficile sentirle “vicine”. Una videochiamata ci consente di guardarle negli occhi, ma non dà la possibilità di abbracciarle o di prenderle per mano.

È giusto usare la tecnologia per comunicare con chi è lontano, ma mettiamola da parte per parlare con chi è vicino. Sfruttiamo i vantaggi delle nuove forme di comunicazione, ma non lasciamo che i loro handicap compromettano le nostre relazioni personali.

Source: lamenteemeravigliosa.it

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