CITTA’ DEL VATICANO (ITALPRESS) – “Non più la guerra. La pace deve
guidare la sorte dei popoli e dell’intera umanità”. Così Papa
Leone XIV nel corso dell’Udienza in occasione del Giubileo della
Diplomazia.
“La speranza mostra un prezioso significato per il servizio che svolgete: in diplomazia, solo chi spera davvero cerca e sostiene sempre il dialogo fra le parti, confidando nella comprensione reciproca anche davanti a difficoltà e tensioni – ha spiegato il Pontefice rivolgendosi ai diplomatici -. Poichè speriamo di capirci, ci impegniamo a farlo cercando i modi e le parole migliori per raggiungere l’intesa. A riguardo, è indicativo che patti e trattati siano suggellati da un accordo: questa vicinanza del cuore – ad cor – esprime la sincerità di gesti, come una firma o una stretta di mano, altrimenti ridotti a formalità procedurali. Appare così un tratto caratteristico, che distingue l’autentica missione diplomatica dal calcolo interessato a tornaconti di parte o dall’equilibrio tra rivali che nascondono le rispettive distanze. Per resistere a tali derive guardiamo all’esempio di Gesù, la cui testimonianza di riconciliazione e di pace brilla come speranza per tutti i popoli. A nome del Padre, il Figlio parla con la forza dello Spirito Santo, compiendo il dialogo di Dio con gli uomini. Perciò tutti noi, fatti a immagine di Dio, sperimentiamo nel dialogo, ascoltando e parlando, le relazioni fondamentali della nostra esistenza”.
“Non a caso chiamiamo madre la nostra lingua nativa, quella che esprime la cultura della nostra patria, unendo il popolo come una famiglia. Nella propria lingua, ogni Nazione attesta una specifica comprensione del mondo, i valori più alti come i costumi più quotidiani – ha detto ancora Papa Leone XIV -. Le parole sono quel patrimonio comune attraverso le quali fioriscono le radici della società che abitiamo. In un clima multietnico diventa allora indispensabile aver cura del dialogo, favorendo la comprensione reciproca e interculturale come segno di accoglienza, di integrazione, di fraternità. A livello internazionale, questo stesso stile può portare frutti di cooperazione e di pace, a patto che perseveriamo a educare il nostro modo di parlare. Solo quando una persona è onesta, infatti, diciamo che è “di parola”, perchè la mantiene come segno di costanza e fedeltà, senza voltafaccia. Allo stesso modo, una persona è coerente quando fa quello che dice: la sua parola è il buon pegno che dà a chi la ascolta, e il valore della parola data dimostra quanto vale la persona che la dice. In particolare, il cristiano è sempre uomo della Parola: quella che ascolta da Dio, anzitutto, corrispondendo nella preghiera al suo appello paterno. Quando siamo stati battezzati, è stato tracciato sulle nostre orecchie il segno della Croce, dicendo: “Effatà”, cioè “Apriti””.
“In quel gesto, che ricorda la guarigione operata da Gesù, viene benedetto il senso attraverso il quale riceviamo le prime parole di affetto e gli indispensabili elementi culturali che sostengono la nostra vita, in famiglia e nella società – ha proseguito il Papa -. Come i sensi e il corpo, così anche il linguaggio va dunque educato, appunto alla scuola dell’ascolto e del dialogo. Sia essere autentici cristiani, sia essere cittadini onesti significa condividere un vocabolario capace di dire le cose come stanno, senza doppiezza, coltivando la concordia fra le persone. Perciò è nostro e vostro impegno, specialmente come Ambasciatori, favorire sempre il dialogo e tesserlo nuovamente, qualora si interrompesse. In un contesto internazionale ferito da prevaricazioni e conflitti, ricordiamo che il contrario del dialogo non è il silenzio, ma l’offesa. Laddove, infatti, il silenzio apre all’ascolto e accoglie la voce di chi ci sta davanti, l’offesa è un’aggressione verbale, una guerra di parole che si arma di menzogne, propaganda e ipocrisia. Impegniamoci con speranza a disarmare proclami e discorsi, curandone non solo la bellezza e la precisione, ma anzitutto l’onestà e la prudenza. Chi sa cosa dire, non ha bisogno di molte parole, ma solo di quelle giuste: esercitiamoci dunque a condividere parole che fanno bene, a scegliere parole che costruiscono intesa, a testimoniare parole che riparano i torti e perdonano le offese. Chi si stanca di dialogare, si stanca di sperare la pace – ha concluso Papa Leone XIV -. A questo proposito, rievoco con voi l’accorato appello che San Paolo VI rivolse all’Assemblea delle Nazioni Unite esattamente sessant’anni fa. Quel che unisce gli uomini, notava il mio venerato Predecessore, è un patto suggellato «con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell’intera umanità!». Sì, la pace è il dovere che unisce l’umanità in una comune ricerca di giustizia. La pace è l’intento che dalla notte di Natale accompagna tutta la vita di Cristo, fino alla sua Pasqua di morte e risurrezione. La pace è il bene definitivo ed eterno, che speriamo per tutti”.
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS).
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