Tutti abbiamo avuto delle preoccupazioni che hanno turbato i nostri pensieri al punto di impedire il normale corso della nostra vita. Le preoccupazioni ci influenzano sul lavoro e alterano la nostra attenzione mentre parliamo con qualcuno o guardiamo un film.
I problemi che si verificano occupano la nostra mente e ci spingono a cercare una soluzione efficace. Ci sono persone che si preoccupano più del normale o per qualcosa che non meriterebbe tanta attenzione o ansia. Quando una preoccupazione “fugge” dalla normalità per diventare patologia? Come possiamo sapere di aver oltrepassato il confine tra preoccupazione e ossessione?
Esistono diverse patologie, catalogate come disturbi d’ansia, legate al modo, alla quantità o all’intensità della preoccupazione o con il motivo della stessa. Parliamo di ansia generalizzata, di fobie, di fobie sociali o di disturbo da stress post traumatico.
Se c’è una patologia che si caratterizza per le ossessioni che annebbiano la mente di chi la soffre è il disturbo ossessivo compulsivo, che i comuni manuali diagnostici differenziano dai disturbi d’ansia.
Bisogna chiarire la differenza tra un normale episodio di preoccupazione e un periodo “ossessivo” o un’ossessione concreta. I seguenti punti possono aiutarvi a identificare un’ossessione:
Se avete risposto in maniera affermativa a una o più di queste domande, allora è il caso che pensiate di contattare uno specialista per andare al fondo della questione. Le ossessioni compaiono involontariamente, interferiscono con i pensieri, generano malessere, occupano gran parte della giornata e in alcuni casi spingono a compiere azioni e rituali (compulsioni) volti a ridurre l’ansia associata.
Anche se sono pensieri molto eterogenei e possono esprimersi in modi diversi, esistono oggetti di ossessione tipici. Tra i più comuni si trovano:
Tutte le ossessioni hanno qualcosa in comune ed è il fatto di essere pensieri intrusivi, ricorrenti e persistenti, vissuti come ripugnanti o senza senso.Condividere
In molti casi, alle ossessioni seguono le compulsioni, con lo scopo di ridurre l’ansia provocata. A volte la compulsione non è apparentemente legata all’ossessione oppure l’intensità con cui si realizza non corrisponde alla realtà. Così come esistono ossessioni “tipiche”, ci sono anche compulsioni “tipiche”, come ad esempio:
Anche se le compulsioni possono ridurre l’ansia per un breve periodo di tempo, l’effetto non è appunto duraturo e bisogna continuamente realizzare rituali che, pur non garantendo alcuna gratificazione o piacere, trasmettono una falsa e breve sensazione di controllo sulle ossessioni che interrompono il pensiero.
Un’esperta in questo campo, Judith L. Rapaport, ha studiato e sperimentato diversi trattamenti su persone che soffrono di disturbo ossessivo compulsivo. Nello specifico, i suoi studi si concentrano sull’uso della clomipramina (Anafranil) come trattamento per le ossessioni.
Un’alta percentuale di persone registrava una riduzione dell’ossessione, mentre in altre persone l’effetto era nullo. Al giorno d’oggi si usano gli antidepressivi ISRS, che hanno molti effetti secondari e lo stesso scopo, anche se la scelta del farmaco può variare.
Come terapia psicologica, esiste l’esposizione con prevenzione di risposta (EPR), che consiste nell’affrontare l’oggetto dell’ossessione mediante l’immaginazione o in maniera diretta, evitando i rituali e le compulsioni. Questi sono i trattamenti considerati efficaci e che, combinati, possono avere una risposta molto positiva, ovvero dare sollievo alla sofferenza delle persone controllate dalle loro ossessioni.
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