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Cassandra, Profetessa di Sventura

Cassandra, Profetessa di Sventura
5 ottobre 2018

*AVVERTENZE GENERALI: questo articolo potrebbe presentare tracce di comicità. Alcuni dei contenuti riportati potrebbero urtare la vostra sensibilità fino a farvi ridere, o persino a farvi smettere di prendermi sul serio. Se accade, non allarmatevi, è fisiologico. Altrimenti, leggere attentamente il foglietto illustrativo e ingerire subito la giusta dose di anti-polemico. Dopo la lettura, potrebbero manifestarsi effetti collaterali indesiderati, come vitalità, ilarità e desiderio di oziare. Se doveste sentirvi disorientati riguardo alla veridicità dei seguenti contenuti, ricordate: non tutto ciò che suona scemo è frutto della fantasia dell’autrice. Ogni riferimento a persone o fatti esistenti e inesistenti è casuale, non nel senso di involontario, ma di “a membro di segugio.”*

 

Che figura mitologica disgraziata, quella di Cassandra la profetessa. Nella mia immaginazione, ha il volto di Mariangela Melato, che la interpreta giovanissima nell’Agamennone di Eschilo, per la monumentale regia di Ronconi. Ve la ricordate, con gli occhi bistrati e la testa fasciata che si lamenta, scandendo in ronconese? “Aaaaahi! Aaaaaahi! Aaaaaa-hiiii-méééé! Ooooo-rrro-reeeee! A-pooooo-lloooooh!” grida monotona Mariangela, con lo sguardo spiritato fisso sull’orizzonte di un futuro sciagurato. Un’interpretazione eccelsa a mio parere, capace di restituire il senso di inevitabilità e di paralizzante impotenza scritti nel mito di questo personaggio sfortunato. Infatti Cassandra è ingiustamente accusata di essere, come una Testimone di Geova ante litteram, Profetessa di Sventura. La sua vita e la sua fama sono segnate dalla taciuta e immeritata condanna di “portare sfiga”: come per la povera Mimì Martini o per Marco Masini. Nessuno sa che è stata maledetta da Apollo: siccome lei non c’è stata, lui l’ha privata della capacità di persuadere! Per questo, come La Madonna di Medjugorje, non viene mai ascoltata.

Per questo è un personaggio immortale: rappresenta il dramma dell’incomunicabilità. Omero ne parla nei suoi successi di botteghino, L’Iliade e L’Odissea; raccontano di lei Apollodoro, Virgilio, Igino; ma quasi tutte le sue sfortune le deve all’inventiva di quei simpaticoni di Eschilo ed Euripide. Le capita una tale sequela di sventure, che a leggere la sua storia viene il sospetto che secoli e secoli di letteratura si sia divertita a sparare sulla Croce Rossa. (Nell’immagine: Cassandra che si spegne i capelli mentre Troia arde alle sue spalle)

La storia di Cassandra – più o meno…

Cassandra è una principessa: è la figlia di Priamo, il re di Troia, e della sua seconda moglie, Ecuba. Ha un gemello dal nome infelice, Eleno – sì, Eleno di Troia -, che però non è il suo unico fratello. Nel mito infatti Priamo ci dà dentro di brutto, peggio dei conigli: ha in tutto 50 figli, di cui solo 19 da Ecuba – tra questi Ettore, Paride, Polidoro, e tanta altra gente che fa una brutta, bruttissima fine.
Cassandra ha il dono della preveggenza. È un’esimia collega della Sibilla Cumana, spara a raffica profezie tipo Nostradamus, Baba Vanga, Wanna Marchi o Casaleggio – solo che lei, come vedremo, ci azzecca sempre. Non è ciecata come Tiresia, non ha bisogno di sballarsi sniffando i gas dell’Omphalos come la Pizia Delfica. È la Regina Incontrastata del Te-L’avevo-Detto, caratteristica che la rende antipatica a più o meno tutti tranne che ai trader finanziari.

Ci sono due versioni diverse sull’origine del suo talento. Secondo la prima, si abbiocca col fratello – non ce la posso fare – Eleno di Troia, nel santuario di Apollo, durante il festino di compleanno del padre; i genitori, ubriachi stronchi, se li scordano lì, i due gemelli fatidici. Al risveglio, Ecuba grida come in Mamma ho perso l’aereo e corre al tempio: quando arriva, trova i serpenti sacri che sibilano nelle orecchie dei figli addormentati, per purificarli. Ecuba, terrorizzata – le lingue dei serpenti devo essere peggio dei cotton fioc! -, grida di nuovo e ai serpenti gli piglia un colpo, Che esagerazione!, sibilano, e strisciano via nei cespugli di alloro. Tolti i tappi di cerume, Cassandra ed Eleno hanno imparato a parlare il serpentese – voglio dire, hanno acquisito il dono della mantica. Lui predice il futuro interpretando il sacro linguaggio della natura – il canto e il volo degli uccelli, le viscere delle vittime sacrificali, il meteo – e lei invece profetizza in stato di estasi, per possessione del dio – una modalità un pelino più totalizzante e sicuramente imbarazzante, che la dipinge come una menade pazza agli occhi di tutti. Non si dice niente della maledizione: in questa versione Cassandra è sciagurata di suo, e finisce su TV Europa insieme alla medium Annamaria Galanti. (Nell’immagine: Cassandra Potter impara il serpentese)

Nella seconda versione, la più famosa, Cassy è una sventola. È così sventola che di lei si innamora nientepopòdimenoche Apollo, dio dei vaticini di cui sopra: il capo delle Muse, la versione greca del Sole, quello col Carro, capito no?, il padre di Apelle, quello che fece una palla di pelle di pollo. Apollo la vuole possedere: così le organizza un casting privato nel suo tempio, le promette un ruolo in un grande film – voglio dire, le regala la dote profetica. Cassandra accetta intimorita, ma non ha bisogno del suo nuovo talento per intuire dove va a parare il dio: e lei, che è vergine e non è una fan del cantante-consiglio Dalla, gli dice che Ops, non c’è trippa pe’ gatti. Di tutta risposta Apollo, che era un coatto e non sapeva niente di consenso esplicito, le chiede un bacio e poi scaracchia sulle labbra il suo sputo divino. E così la maledice, condannandola a non essere mai presa sul serio. (Nell’immagine: uno scatto rubato incriminante del meeting tra Apollo e Cassandra)

Che sorte disgraziata! Poter prevedere il futuro e restare inascoltata. A forza di essere messaggera di malasorte, la povera Cassandra si fa una brutta nomea. Al suo passare, i soldati troiani si danno grattate scaramantiche; i comandanti frigi toccano ferro; gli aedi cantano “Occhio e malocchio, prezzemolo e finocchio”. Eppure lei, carina, non si scoraggia: ci prova sempre. Quando nasce Paride, dice ai genitori: “Occhio! Questo porta guai, a forza di scandali qua ci casca Troia. Fidatevi, spediamolo sul monte Ida e cari saluti ai pupi.” Lei l’Iliade l’aveva studiata al liceo classico, chiaramente – si capisce, in latino e greco c’aveva 10. Però Priamo ed Ecuba non le credono; l’unico che le dà retta è il fratellastro Esaco, indovino e interprete di sogni, che aveva già messo in guardia il re riguardo le future gesta di Alessandro – e chi è Alessandro adesso? Sempre Paride, tranquilli, volevo vedere se stavate attenti.
Quando poi Paride-Per-Gli-Amici-Alessandro, che si salva e cresce come un pastore, torna a Ilio per partecipare ai giochi – era un appassionato di tauromachia, come Guastardo – Cassandra lo riconosce subito, dice al padre e ai fratelli: “Arieccolo! Ma non era stato spedito coi boy-scout sul monte Ida per finire sbranato dalle fiere? Accoppatelo, presto: prima che sia troppo tardi!”.
Ma ottiene l’effetto contrario e, alla faccia sua, Paride viene riaccolto come principe. Quindi, quando il povero Eleno parte soldato per raggiungere Sparta, Cassandra gli attacca il pilotto: “Ma nun c’annà, ma lassa perde, ma chi t’o fa fa!”, gli consiglia come Gigi Proietti nei panni di Toto. “Guarda che Paride fa l’inciucio con Elena, sì Elen-a, con la a, mi pare… ecco, adesso m’hai fatto venire il dubbio! Comunque: l’intrallazzo finisce in un troiaio. Ma che hai capito, nel senso di Troia!” Ma quello nisba, parte uguale e rischia di brutto, ma comunque sempre meno di quando stava con Cassandra. Infatti Odisseo lo convince a svelare tutti i segreti di Troia, però poi, dopo la caduta, Eleno si mette con la bellissima Andromaca, l’ex di di Ettore, meritando il cinque alto di approvazione da Enea in persona. (Nell’immagine: Cassandra fa una delle sue previsioni, o prende un colpo di freddo e resta bloccata con la cervicale)

Infine, quando il corriere citofona per la consegna del famoso cavallo, Cassandra capisce tutto subito e prova a mettere il suo esercito in guardia: “Gente, è questo è un Trojan Horse, è molto pericoloso! È come l’uovo di Pasqua: il fuori è buono ma il regalo dentro fa schifo! Date retta, non abbiamo vinto nessun premio, è una truffa: garantito!”. Ma i troiani, che allora erano sprovvisti di antivirus, la prendono per pazza. L’unico che le crede è il sacerdote Laocoonte, che pronuncia la famosa frase Timeo Danaos et dona ferentes, un modo carino per dire che gli Achei erano dei puzzoni: subito la Pallade Atena, fingendosi Poseidone, lo azzittisce mandando due serpenti marini a stritolare prima i suoi due figli e dopo lui. E tutti i troiani concordarono che faceva meglio farsi i fatti propri.
I suoi amori poi sono un disastro totale: muoiono tutti! Il superbo Otrioneo, che in cambio della sua mano promette addirittura la sconfitta degli Achei… Il principe frigio Corebo, che si sacrifica per proteggerla… E così Cassandra resta illibata. Fino a quando, ovviamente, non finisce violentata: ce lo racconta il poeta Licofrone, che scrive un poema epico a lei dedicato e lo intitola Alessandra – pare che per i greci un nome valesse l’altro, anche se, in questo bailamme, suona come l’ennesimo sfregio. Quando i greci conquistano la città, Cassandra si rifugia nel tempio di Atena, ma quel rozzone di Aiace di Locride la trova: lei si aggrappa all’altare, ma lui la trascina via; poi lei si attacca a una statua della dea, il famoso Palladio, che Aiace butta giù dal piedistallo per poter stuprare Cassandra – un gesto sacrilego che, come sappiamo, condanna tutti i principi greci a un viaggio di ritorno peggio di un volo low cost in overbooking. (Nell’immagine: Aiace tenta di stuprare Cassy, che abbraccia la statua; la tipa sulla destra è troppo occupata a stare in posa per aiutarla) 

Poi la prende in ostaggio Agamennone e se la porta a Micene come schiava e concubina: neanche il tempo di arrivare, che già Cassandra fa una sparata delle sue: “Agy, tua moglie è Clitemnestra, hai presente? Se la fa con Egisto e ti vuole fare fuori, lo sanno tutti, dai! Segui il mio consiglio: lascia Clitemnestra, non mangiare la minestra, buttati dalla finestra.” Che ve lo dico a fare: Agamennone non le crede. E così, visto che Cliteminestra non la può vedere – lei era la queen bitch di tutto il Peloponneso, il marito le aveva sacrificato la primogenita Ifigenia su suggerimento di un indovino – muore uccisa nella congiura ai danni degli Atridi. Naturalmente, Cassandra aveva previsto anche questo. È il caso di dire Mai Na Gioia, Cassa’. Diversamente da Eschilo, Euripide racconta che è Agamennone e non Apollo a mandare Cassandra su tutte le furie, perché fa il provolone nel tempio, la palpa, pecca di hybris – ovvero, come traducono tutti, di tracotanza… una cosa brutta del tempo dei greci che ancora nessuno ha capito cos’è. Comunque lui le ha sterminato la famiglia, e per vendicarla lei non si oppone all’intrigo di Clitemnestra e si fa uccidere con lui. (Nell’immagine: Cassandra, disperata, interroga la Mystic 8 Ball) 

Conclusioni: #iostoconCassy

A parte gli scherzi, la tragica storia di Cassy ha dato il nome a una sindrome: quella di chi formula sistematicamente profezie avverse e apocalittiche sul proprio futuro o su quello altrui, ed è anche convinto di non poter fare nulla per evitare che si realizzino, tranne sacrificarsi come un capro espiatorio. Una patologia mentale che non augurerei nemmeno al mio peggior nemico. Anche se gliene capitano di cotte e di crude, Cassandra è un personaggio volitivo e pieno di contraddizioni: è vittima e vendicatrice, allineata ed emarginata. Ignorata e disprezzata, accetta il suo destino e insieme gli si ribella. Soprattutto, non tace mai verità scomode davanti agli uomini: proprio questo vuol dire Cassandra, colei che annuncia agli uomini. Il suo destino assurdo riassume le sorti di tutti i personaggi femminili della tragedia greca: donne fraintese ed isolate, la cui resistenza racconta molto più quello che il mito e la letteratura hanno voluto restituirci.

Source: freedamedia.it

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