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Le finestre fotovoltaiche che cambiano colore per produrre più energia pulita

6 dicembre 2017

 

finestra solare

Esse infatti cambiano colore in risposta alla luce: si scuriscono i raggi del sole le colpiscono, assorbendo maggiori quantità di luce e producendo più elettricità. Allo stesso tempo, quando la luce del sole si attenua, esse tornano a essere trasparenti.

Basandosi su materiali avanzati come le perovskiti e i nanotubi di carbonio a singola parete, la nuova tecnologia risponde così alla luce trasformandosi da trasparente a colorata. È proprio quando la finestra si scurisce che genera elettricità. Il cambiamento di colore è guidato da molecole (metilammina) che vengono assorbite in modo reversibile nel dispositivo. Quando l’energia solare si riscalda, le molecole vengono espulse e il dispositivo si oscura. Quando il sole è assente, il dispositivo si raffredda e le molecole si “riassorbono” nella finestra, che a quel punto appare trasparente.

La frequenza della luce nella parte visibile dello spettro solare può essere vista in uno stato trasparente o sbiancato. Durante i test, il cambiamento di colore della illuminata dalla luce richiedeva circa 3 minuti e l’efficienza è stata dell’11,3%.-

La maggior parte delle tecnologie basate sul fotovoltaico trasparente sono statiche. Ciò significa che sono progettate per produrre energia pulita ma senza sacrificare troppo il passaggio della luce.

“Esiste un compromesso fondamentale per una buona cella solare. Questa tecnologia lo scavalca. Abbiamo una buona cella solare quando c’è tanto di sole e abbiamo una buona finestra quando non ce n’èspiega Lance Wheeler, scienziato del NREL.

Il percorso per la commercializzazione di questo dispositivo è stato avviato l’anno scorso grazie a un programma di due mesi chiamato Energy I-Corps.

Secondo Wheeler, la tecnologia potrebbe essere integrata in veicoli, edifici e case. L’elettricità generata dalla finestra attraverso la cella solare potrebbe essere utilizzata anche per i caricabatterie degli smartphone e molti altri dispositivi elettronici.

Lo studio è stato pubblicato su Nature.

Source: greenme.it

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